Il primo dojo di karate è costruito nel 1938 dagli allievi di Funakoshi, che si sono tassati per molti anni a questo scopo e si appoggiano alla rete degli ex-allievi delle loro università.
G. Funakoshi chiama questo dojo “Shotokan” (La casa nel fruscio della pineta).
Il periodo dello Shotokan (dal 1938 al 1945), nasce il primo marzo 1938, proprio quando il dojo Shotokan viene costruito. Esso diventa il centro dell’insegnamento del karate di G. Funakoshi ed è frequentato da numerosi adepti fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Sarà distrutto dal bombardamento del marzo 1945.
G. Funakoshi componeva fin da giovane delle poesie, ne calligrafava con notevole arte; egli aveva scelto come pseudonimo di calligrafo Shoto (fruscio della pineta). II suo paese natale era infatti dominato dal castello di Shuri, che era prolungato da colline e da monti coperti da foreste di pini. Questi formano una lunga catena chiamata Kobisan (Monti della coda di tigre). G. Funakoshi aveva l’abitudine, in gioventù, di passeggiarvi spesso, di giorno e anche di notte, al chiaro di luna o sotto le stelle. Il fruscio dei pini lo accompagnava da allora. Firmando Shoto le sue poesie calligrafate, il ricordo del canto della pineta lo riportava ai sentimenti dell’infanzia e della giovinezza. E quando egli sceglie “Shoto” come nome del suo dojo di karate, vuole ancora legare l’immagine del fruscio della pineta alla via che segue nel karate. “Amerei proseguire la via del karate, cosi come la vita, nella grazia della verità intrinseca alla calma del fruscio dei pini”, scrive Funakoshi. E’ nella primavera del l938 che egli affigge l’insegna “Shotokan” (kan significa casa o dojo) davanti al suo dojo. Questo nome sarà in seguito utilizzato per designare la sua scuola. G. Funakoshi ha 70 anni.
“sull’isola immersa nel sole del sud caduta dal cielo, è l’arte della mano nuda, che mi preoccupa, perché non deve spegnersi. Chi vorrà farla sopravvivere e fiorire? Davanti al cielo azzurro io assumo l’impegno.”
(Gichin Funakoshi)
Il karate-do è un’arte marziale intesa a formare il carattere attraverso la pratica, perciò il karateka è effettivamente in grado di sormontare qualsiasi ostacolo, sia esso tangibile o intangibile. Il karate-do è un’arte di autodifesa a mani nude in cui braccia e gambe vengono preparate sistematicamente al punto che l’attacco improvviso di un avversario può essere controllato con un’efficacia non dissimile da quella che possono dispiegare le armi moderne. Il karate-do è un’attività fisica che rende il karateka padrone di tutti i movimenti del corpo come il piegarsi. il saltare, il rimanere in equilibrio, e il muovere gli arti e il corpo in avanti e indietro, a destra e a sinistra, verso l’alto e verso il basso. liberamente e uniformemente.
Le tecniche del karate-do sono controllate dalla forza di volontà del karateka e giungono al bersaglio spontaneamente e con precisione.L’essenza delle tecniche di karate è il kime. Kime significa eseguire un attacco esplosivo diretto al bersaglio impiegando la tecnica appropriata e la massima potenza nel lasso di tempo più breve. Molto tempo fa era in uso l’espressione ikken hissatsu che significava «uccidere in un solo colpo», ma dedurne che lo scopo del karate sia quello di uccidere è pericoloso oltre che sbagliato. Il kime si può effettuare percuotendo, colpendo di pugno o di calcio, ma anche parando. Una tecnica carente di kime non può in nessun modo venir considerata vero karate, e non importa quanto questa esteriormente possa sembrare tale. le gare non fanno eccezione; tuttavia è contrario alle regole giungere al contatto vero e proprio per il pericolo che ciò comporta. Sun-dome significa arrestare la tecnica appena prima del contatto col bersaglio ( un sun equivale a circa tre centimetri ). Ma non portare una tecnica al kime non è vero karate, e di conseguenza il problema consiste nel come sanare la contraddizione che sussiste tra kime e sun-dome. La risposta è questa: il bersaglio si stabilisce convenzionalmente appena prima del punto vitale dell’avversario. lo si potrà allora colpire controllando nello stesso tempo il colpo, senza arrivare al contatto. L’allenamento trasforma le varie parti del corpo in altrettante armi che possono venire impiegate liberamente e con efficacia. Ma la qualità necessaria a realizzare tutto questo è l’autocontrollo.
Per vincere occorre innanzi tutto vincere se stessi.
(Gichin Funakoshi)